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E' morto Gheddafi. E' morto ammazzato. Brutalmente. E' morto come muore una gazzella circondata dai leoni. Forse peggio. Spaventato. Implorando. E' morto senza i trucchi di scena. E' morto così com'era. Nudo. Svestito perfino della sua alterigia. Non ha pronunciato nessuna frase storica. Non ha detto "Vi faccio vedere come muore Muammar Gheddafi". Quattrocchi era stato più eroico. O forse più fortunato, ammesso che vi possa essere fortuna nella morte. La morte è una livella: svela il "comune mortale" che alberga nella divinità. I telefonini impietosi la ritraggono. La rete la rimbalza ovunque, in tempo reale, immortalando la caduta degli dei, svelandone la finzione, come potrebbe accadere se si entrasse in uno studio televisivo e si trascinassero fuori i conduttori, gli ospiti, i divi, materializzandoli in una piazza e mostrandone le reali sembianze.
Nell'accanimento sul corpo del tiranno c'è anche la vendetta degli uomini contro gli dei, ai quali i primi sembrano voler gridare: "Avete vissuto come giganti sulle nostre spalle. A voi è stato concesso tutto quello che è stato negato a noi. Ora, in un rito di cannibalismo atavico che riemerge da un passato ancestrale, come un istinto primordiale mai sopito, noi vi uccidiamo, beviamo il vostro sangue, mangiamo la vostra carne e, così facendo, riportiamo in pari il bilancio. Voi diventate noi e noi diventiamo voi". E' qualcosa che ricorda sinistramente il sacramento dell'Eucarestia. "Prendete e mangiatene tutti: questo è il corpo di Muammar Gheddafi, offerto per i ribelli e per tutti, in remissione delle enormi ricchezze che vi sono state sottratte e delle inusitate angherie a cui vi ha sottoposto". La civiltà, in fondo, non è una veste trasparente, che lascia intravedere la sensuale pelliccia dell'animale che freme al di sotto.
I commentatori, sui giornali, si sbizzarriscono nell'esercizio dei paralleli con la storia. Non c'è editoriale che non ricordi Hitler, Mussolini e la Petacci, i coniugi Ceausescu, Saddam e via di seguito. Chi giustifica il brutale infierire delle folle, chi meno, ma tutti inorridiscono di fronte alle immagini dell'uccisione del tiranno. Invocano un trattamento più umano e si chiedono se vi sia giustizia in questa barbara esecuzione. Eppure, in questa stessa (comprensibile) retorica dell'indignazione si nasconde quella sottile contraddizione che aiuta a leggere il macabro rituale del branco che dilania il predatore vinto. La spiegazione è proprio lì, sotto agli occhi di tutti: sulle prime pagine dei giornali. Anzi, le ragioni sono le prime pagine dei giornali. Domandatevi quanti caduti, specialmente tra gli innocenti, abbia registrato la rivoluzione in Libia, e quanti ne dovrà registrare ancora. Dalle stesse pagine di questo blog, nel post "Frattini: io credo in Libia transizione pacifica" del 21 febbraio scorso, diffondevo un video brutale, crudo, che ritraeva la barbara uccisione di un ragazzo. Anche lui era stato ammazzato con un colpo alla testa. Anche il suo corpo era stato ripreso da un cellulare mentre i fiotti di sangue si riversavano sul selciato. E come lui decine, centinaia, migliaia di altri giovani sono caduti e ancora cadranno, senza un perché, eliminati freddamente, passati dalla vita alla morte in meno di un istante per un semplice capriccio, per un minimo sospetto, per uno sguardo interpretato male o semplicemente per caso. Dov'erano gli editorialisti, i commentatori, gli articolisti che ieri hanno mandato in stampa prime pagine monotematiche, seconde, terze e quarte pagine interamente dedicate ad ogni minima sfumatura della morte di Gheddafi? Si occupavano di altro, perché ci sono morti che fanno notizia e morti che non ne fanno. E questo accade perché ci sono vite importanti e vite che non lo sono. Ma non si può invocare una morte meno feroce per uno solo, quando si è taciuta la morte feroce di molti, giustificandola con l'inevitabilità della guerra. La verità è che se la guerra giustifica la violenza e la barbarie nei confronti di milioni di persone, allora a maggior ragione giustifica anche la violenza e la barbarie nei confronti di una persona sola, in nome della quale tutto questo orrore accade. La verità, nuda e cruda, è che Gheddafi è morto nel solo modo in cui poteva morire, trucidato barbaricamente come un animale nella savana, esattamente come trucidate e barbarizzate sono state tutte le altre vittime di una rivoluzione che abbiamo reso possibile noi in prima persona, inviando i nostri caccia bombardieri decollati per ordine di La Russa. La sua vita non valeva più di quella del ragazzo che ho mostrato in questo video. E' morto alla stessa maniera. Merita lo stesso cordoglio. Oppure la stessa indifferenza...
E' morto Gheddafi. E' morto ammazzato. Brutalmente. E' morto come muore una gazzella circondata dai leoni. Forse peggio. Spaventato. Implorando. E' morto senza i trucchi di scena. E' morto così com'era. Nudo. Svestito perfino della sua alterigia. Non ha pronunciato nessuna frase storica. Non ha detto "Vi faccio vedere come muore Muammar Gheddafi". Quattrocchi era stato più eroico. O forse più fortunato, ammesso che vi possa essere fortuna nella morte. La morte è una livella: svela il "comune mortale" che alberga nella divinità. I telefonini impietosi la ritraggono. La rete la rimbalza ovunque, in tempo reale, immortalando la caduta degli dei, svelandone la finzione, come potrebbe accadere se si entrasse in uno studio televisivo e si trascinassero fuori i conduttori, gli ospiti, i divi, materializzandoli in una piazza e mostrandone le reali sembianze.
Nell'accanimento sul corpo del tiranno c'è anche la vendetta degli uomini contro gli dei, ai quali i primi sembrano voler gridare: "Avete vissuto come giganti sulle nostre spalle. A voi è stato concesso tutto quello che è stato negato a noi. Ora, in un rito di cannibalismo atavico che riemerge da un passato ancestrale, come un istinto primordiale mai sopito, noi vi uccidiamo, beviamo il vostro sangue, mangiamo la vostra carne e, così facendo, riportiamo in pari il bilancio. Voi diventate noi e noi diventiamo voi". E' qualcosa che ricorda sinistramente il sacramento dell'Eucarestia. "Prendete e mangiatene tutti: questo è il corpo di Muammar Gheddafi, offerto per i ribelli e per tutti, in remissione delle enormi ricchezze che vi sono state sottratte e delle inusitate angherie a cui vi ha sottoposto". La civiltà, in fondo, non è una veste trasparente, che lascia intravedere la sensuale pelliccia dell'animale che freme al di sotto.
I commentatori, sui giornali, si sbizzarriscono nell'esercizio dei paralleli con la storia. Non c'è editoriale che non ricordi Hitler, Mussolini e la Petacci, i coniugi Ceausescu, Saddam e via di seguito. Chi giustifica il brutale infierire delle folle, chi meno, ma tutti inorridiscono di fronte alle immagini dell'uccisione del tiranno. Invocano un trattamento più umano e si chiedono se vi sia giustizia in questa barbara esecuzione. Eppure, in questa stessa (comprensibile) retorica dell'indignazione si nasconde quella sottile contraddizione che aiuta a leggere il macabro rituale del branco che dilania il predatore vinto. La spiegazione è proprio lì, sotto agli occhi di tutti: sulle prime pagine dei giornali. Anzi, le ragioni sono le prime pagine dei giornali. Domandatevi quanti caduti, specialmente tra gli innocenti, abbia registrato la rivoluzione in Libia, e quanti ne dovrà registrare ancora. Dalle stesse pagine di questo blog, nel post "Frattini: io credo in Libia transizione pacifica" del 21 febbraio scorso, diffondevo un video brutale, crudo, che ritraeva la barbara uccisione di un ragazzo. Anche lui era stato ammazzato con un colpo alla testa. Anche il suo corpo era stato ripreso da un cellulare mentre i fiotti di sangue si riversavano sul selciato. E come lui decine, centinaia, migliaia di altri giovani sono caduti e ancora cadranno, senza un perché, eliminati freddamente, passati dalla vita alla morte in meno di un istante per un semplice capriccio, per un minimo sospetto, per uno sguardo interpretato male o semplicemente per caso. Dov'erano gli editorialisti, i commentatori, gli articolisti che ieri hanno mandato in stampa prime pagine monotematiche, seconde, terze e quarte pagine interamente dedicate ad ogni minima sfumatura della morte di Gheddafi? Si occupavano di altro, perché ci sono morti che fanno notizia e morti che non ne fanno. E questo accade perché ci sono vite importanti e vite che non lo sono. Ma non si può invocare una morte meno feroce per uno solo, quando si è taciuta la morte feroce di molti, giustificandola con l'inevitabilità della guerra. La verità è che se la guerra giustifica la violenza e la barbarie nei confronti di milioni di persone, allora a maggior ragione giustifica anche la violenza e la barbarie nei confronti di una persona sola, in nome della quale tutto questo orrore accade. La verità, nuda e cruda, è che Gheddafi è morto nel solo modo in cui poteva morire, trucidato barbaricamente come un animale nella savana, esattamente come trucidate e barbarizzate sono state tutte le altre vittime di una rivoluzione che abbiamo reso possibile noi in prima persona, inviando i nostri caccia bombardieri decollati per ordine di La Russa. La sua vita non valeva più di quella del ragazzo che ho mostrato in questo video. E' morto alla stessa maniera. Merita lo stesso cordoglio. Oppure la stessa indifferenza...
Il corpo di Gheddafi. Prendete e mangiatene tutti. blockchain que es | |
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News & Politics | Upload TimePublished on 21 Oct 2011 |
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